“Nei giorni seguenti, Maria scoprì di essere prigioniera
della trappola che aveva insistentemente
evitato – ma non era né triste né preoccupata.
Al contrario: non avendo niente da perdere, si sentiva libera.”
P. Coelho – Undici minuti
Indugio con le labbra sulla tazzina del caffè, poi un buco nero mi risucchia.
Al tavolo a fianco al mio due uomini discutono. Il volume delle loro parole è tale per cui non posso non ascoltare.
Parlano in modo concitato, scambiandosi gesti di approvazione, ognuno corroborando il pensiero dell’altro, tutti e due snocciolando il loro personalissimo punto di vista, depositando le loro inamovibili conclusioni.
Ad ascoltarli, malgrado la nostra volontà, siamo in due: io e una anziana donna seduta all’angolo della sala. Una donna elegante, che ha cura di sé, fiera di ogni sua ruga.
I due uomini parlano “di donne”, e lo fanno con l’aria di chi presume di sapere e di conoscere tutto al riguardo (e in modo definitivo), con l’arroganza di chi non riesce a vedere le proprie incapacità e insicurezze, riuscendo solo ad esprimere un senso di rivalsa non meglio identificato né ragionato o compreso, riuscendo solo a dirsi “libero”.
Libero in che senso? E’una libertà che mi sa tanto di resa, che ha il sapore della rinuncia. Sono libero perché mi assolvo dal capire, sono libero perché ho alzato le mani: libero in questo senso, dunque?
Mi sento sempre più a disagio, infastidito da quei discorsi sulle donne, così generalizzanti superficiali, rivelatori di un malessere strisciante e quindi più pericoloso. Sì, sono proprio infastidito da certa miopia, da questa incapacità a cogliere l’ampiezza della Vita, la sua complessa ricchezza.
L’anziana donna è disgustata quanto me: l’espressione del suo viso è inequivocabile.
Intanto i due decidono di andare: con la coda dell’occhio li guardo infilare la porta d’uscita e tagliare il freddo che c’è fuori.
Mi sento sollevato.
Incrocio lo sguardo della donna e indovino i suoi pensieri: identici ai miei.
I suoi occhi sono sfolgoranti, il viso tradisce disapprovazione mentre le parole restituiscono un’invidiabile consapevolezza: “Sono convinti di poter dominare una donna, addirittura di voler dominare la donna!”.
Chiamato in causa rispondo con un cenno di assenso.
Lei prosegue:“Ma noi donne siamo nate libere, anche se spesso facciamo finta di rinunciare ad esserlo, magari per amore di due idioti come quelli là …”.
Un saluto di sguardi, poi mi alzo ed esco fuori, a prendermi tutto il freddo che c’è, a ricomporre pezzi di discorsi così diversi di persone diverse, tutte protese a trovare un senso, una verità da custodire, purché sia.
L'immagine: Antonio Haupala, “La Meditazione”, olio su tela, 2007
|