Penso alla giornata appena trascorsa, a San Valentino, alla “festa”
degli innamorati. Penso a tutte le persone, innamorate o no, agli entusiasti e
ai cinici, ai sognatori e ai realisti, tutti sottilmente accomunati dal
desiderio, più o meno celato, di amare ed essere amati. Consumismo, dolcezza,
conformismo, sentimento, luoghi comuni, frasi fatte o magari stupendi silenzi. C'è di tutto. Fiori,
cioccolatini di tutte le forme, vagonate di “baci Perugina”, i quali di italiano
non hanno più nulla, con al loro interno i famosi biglietti che, anche qui,
“non sono più quelli di una volta”, ma che conservano un ineguagliabile fascino
“retrò” al quale, nemmeno le persone più
disincantate e razionali, riescono a resistere, sottraendosi alla loro lettura, seppure fugace.
L’essere umano e la sua ricerca della felicità, il sue
errare tra inconsapevolezze e consapevolezze, vuoti e pieni dell’anima alla
ricerca della formula magica o, perché no, della persona magica.
A tutti i sognatori, pentiti e non, una poesia di Borges
“L’altra tigre”, una della sue indimenticabili poesie che io amo (di sicuro!)
splendida nella sua struttura, che parte subito lasciando un segno e che cresce
d’intensità, trasportando la nostra anima verso un'emozione originaria, intensa, pura.
A tutti voi, meravigliosi cercatori della vostra tigre, qualunque essa sia, oggi,
“the day after”.
L’ALTRA TIGRE
Penso a una tigre. La penombra esalta la vasta biblioteca laboriosa e sembra allontanare gli scaffali; forte innocente, insanguinata e nuova, lei vagherà per la sua selva e il suo mattino e traccerà le sue orme sul fangoso margine di un fiume di cui ignora il nome. (Nel suo mondo non ci sono nomi né passato né futuro, solo un istante vero.) E percorrerà le barbare distanze e annuserà nell’intrecciato labirinto degli odori l’odore dell’alba e l’odore dilettevole del cervo; fra le strisce del bambù decifro le sue strisce e presento l’ossatura sotto la pelle splendida che vibra. Invano si interpongono i convessi mari e i deserti del pianeta: da questa casa di un remoto porto dell’America del Sud, ti seguo e ti sogno, oh tigre vocativa dei miei versi è una tigre di simboli e ombre, una serie di figure letterarie e di memorie dell’enciclopedia e non la tigre fatale, il funesto gioiello che, sotto il sole o la diversa luna, sta compiendo a Sumatra o nel Bengala la sua routine di amore, di ozio e di morte. Alla tigre dei simboli ho opposto quella vera, quella di sangue caldo, quella che decima le tribù dei bufali e oggi, 3 agosto del 59, allunga sul prato una lenta ombra, però già il fatto di nominarla e di congetturare le sue circostanze la rende finzione dell’arte e non creatura vivente di quelle che vanno per la terra. Una tigre cercheremo. Questa sarà come le altre una forma del mio sogno, un sistema di parole umane e non la tigre vertebrata che, al di là delle mitologie, calpesta la terra. Lo so bene, ma qualcosa mi impone quest’avventura indefinita, insensata e antica, e persevero nel cercare lungo il tempo della sera l’altra tigre, quella che non è nei versi.
Jorge Luis Borges – Poesie (1923-1976)
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